Nei mesi scorsi studiosi ed esponenti politici, nel cinquantesimo dell’istituzione delle Regioni, si sono interrogati sul bilancio e le prospettive dell’esperienza regionalista in Italia.
In realtà, pare che sia l’esperienza di questi mesi, segnati dalla pandemia, e l’esito della recente tornata elettorale a fornire le risposte e le indicazioni più pregnanti.
La gestione della crisi pandemica ha infatti restituito centralità alla dimensione regionale:
- facendo emergere differenziazioni territoriali nella definizione delle strategie di affronto e nell’adozione delle misure di contenimento;
- proponendo il tema del rapporto tra politica ed expertise sanitarie, tra politica, scienza e tecnica;
- favorendo inedite forme di comunicazione diretta, tramite la pluralità di strumenti social, tra i Governatori ed i cittadini, e assicurando loro una conseguente e straordinaria visibilità mediatica;
- inducendo le Regioni a mettere in campo policy e misure, talora finanziariamente sostanziose, a supporto dei cittadini e delle imprese in difficoltà (si pensi al c.d. Piano Marshall di Regione Lombardia o alle misure attivate dalle Regioni Emilia-Romagna e Campania).
È interessante notare che tale differenziazione territoriale, nella ricerca ed implementazione delle risposte, è avvenuta sovente in una modalità oppositiva o contrastante con la linea del Governo centrale e che si è trattato di un trend che ha uniformemente caratterizzato tutte le gestioni regionali, indipendentemente dal blocco politico di appartenenza.